E all’improvviso l’orizzonte sensoriale si espande...

Uno sguardo dietro alle angeliche quinte!

Eccomi al centro della cucina stellata dell’Hotel Engel 4****. Mi è stato dato un grembiule in pendant con quello degli altri cuochi da legare ai fianchi: per un giorno farò parte della crew dell’Engel!
Un team affiatato è all’opera tra i ripiani della cucina e lavora immerso nel silenzio della concentrazione. Ogni mossa delle mani è da manuale, ogni passo è ponderato, perché il menù e la suddivisione dei compiti sono stati concordati scrupolosamente già di prima mattina. Mentre sbuccio le patate – un’infinità di patate – l’acqua salata bolle nelle pentole, le erbe aromatiche e le verdure vengono sminuzzate, la salvia e il timo vengono adagiati nell’olio.

Un banchetto vegetariano
“Le nostre insalate sono vere composizioni”, afferma Theodor Falser, il capocuoco. E mentre condisce il miglio, la quinoa, le lenticchie, il cavolfiore (che rappresentano la base delle insalate vegetariane e in gran parte anche vegane) capisco cosa intende dirmi con quelle parole. “A volte c’è bisogno di quel tocco di delicata acidità della frutta, perché in fondo anche la base dell’insalata è dolciastra. E così ci verso sopra delle gocce di limone o del succo di pompelmo.”
“Cerchiamo di cucinare nel modo più leggero e più puro possibile”, afferma lo chef, e poi mescola, verifica per l’ultima volta che il sapore sia quello desiderato e guarnisce la colorata composizione di insalata con un gesto sicuro.

Più veloce degli occhi
Disposti in fila per lungo i gambi di erba cipollina aspettano pazientemente di essere tagliati. Al mio fianco il capocuoco Theodor Falser trita con la massima velocità il mazzetto di erbetta aromatica, creando dei piccoli anellini verdi che verrano poi cosparsi sulla sinfonia d’insalata.
L’occhio della natura
... ha già iniziato a decorare i piatti. Spingiamo verso il buffet le colorate insalatiere ripiene di verdure sistemate sul carrello. È evidente che lo chef non si occupa solo di comporre le insalate, ma cura anche gli abbinamenti. Finocchio fresco, patate dolci e carote sono il contorno perfetto per un’orchestra d’insalata. Entrano in scena in delle piccole scatole di legno. In questa cucina ogni scelta è un “Sì!” alla bellezza. E si è già provveduto a creare anche l’illuminazione adatta.

La sensibilità sulle punte delle dita
Sono toccata dalla sensibilità che mi circonda. Fiori freschi vengono strappati uno a uno dai piccoli scrigni: nasturzio, violette, fiordaliso, erba cornacchia, coclearia. I petali vengono afferrati dolcemente con le dita e, come realizzo solo più tardi, con punte ancora più delicate, quelle precisissime della pinzetta per decorazioni. Li si adagia sul piatto. E sugli gnocchi di rapa rossa che si legano rosa pallidi alle noci. Ci cospargo sopra una polvere blu di patate. È la mano vicina a posare il fiore. Sul fornello accanto un petto d’anatra glassato diffonde un delizioso profumino e le patate che ho sbucciato poco prima sono diventate delle pommes duchesse. I fiori arancioni verranno distribuiti sopra l’hamburger di quinoa: questo compito è stato affidato a me. Il signor Falser china leggermente la testa verso la spalla, ruota di 45 gradi un fiorellino: ora il piatto è pronto per lasciare la cucina.

Leggero e schiumoso
Finalmente capisco a cosa serve la pentola più grande: per cuocere una montagna di ortica, che scompare poco dopo nell’acqua bollente e successivamente in un bagno di ghiaccio. Questa è la base per una zuppetta all’ortica. “Ogni zuppa va resa schiumosa, perché con l’aria acquista leggerezza.” Cospargo dei biscottini di pasta choux sulla zuppa verde chiara e dell’olio di prezzemolo verde intenso.

Vocazione professionale e poesia
Mentre le portate principali vengono appoggiate sui ripiani, nel lato sinistro della cucina vengono adagiati sui piatti muffin al cioccolato guarniti con una salsa alla vaniglia. Io, nel frattempo, ho smesso di meravigliarmi per la mistica sincronia. Eppure, mentre parlo con lo chef della sua vocazione e della sua professione, rimango stupita dalla poesia che prende forma nella cucina dell’Engel. “È l’amore ad indicarti la strada. Bisognerebbe sempre dare ascolto al proprio istinto”, e un attimo dopo dall’altro angolo sento: “Sometimes we are so far away from life”... ed alzo attonita lo sguardo. Non sono più sicura di trovarmi in una cucina stellata o sopra ad un palcoscenico nel bel mezzo di un pezzo coreografato fin nel minimo dettaglio. I due distinti camerieri si sorridono a vicenda. Lasciano la frase incompleta. Ma io so come finisce: “A volte siamo così lontani dalla vita reale... perché talvolta ci troviamo al centro del paradiso dei sensi.”
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